venerdì 30 luglio 2010

Dalla nebbia

Si scuce l'anima
sul pensiero di un addio,
non riesco a guardarti negli occhi,
ripiegate le illusioni sono perse
per strade assolate e l'ansia di vivere.
Il mio silenzio sfugge
al tuo rubare il senso delle cose,
non riesco a guardarti negli occhi,
e' paura di trovare me e l'aurora
che deve nascere
e resta ferma ai margini della notte.
E' toccare la tua mano
e temere di sentire gli stessi graffi della vita,
dubitare dei battiti del cuore,
sentirli stonati dallo strana dolcezza,
non riesco a guardarti negli occhi,
vaga lo sguardo sulla nebbia a cercare
una trama da raccontare.
Stasera cancellarmi,essere nulla,
soffio di vento che se ne va,
non riesco a guardarti negli occhi,
le tue parole che mi tengono qui
a tamponare mille istanti stanchi
e lascio andare via il vento,
m'attardo nei tuoi pensieri


E' autunno.Siamo venuti al mare e la spiaggi è deserta,ci siamo solo io e te e tra noi un silenzio,che ferisce piu' delle parole.
Camminiamo vicini,ma distanti,separati da una rabbia che graffia non solo la pelle,ma anche il cuore.
Il vento soffia piano,sembra non ci voglia disturbare e sussurra alle mie orecchie parole tristi.
Ogni tanto mi volto a guardare le nostre impronte sulla sabbia, al percorso che abbiamo fatto nella vita,alle promesse,ai sogni...sembra ieri e invece sono trascorsi anni.
Cammini un po avanti a me,con la tua andatura un po' stramba,potrei chiudere gli occhi e descrivere alla perfezione ogni passo,ogni movimento che fai.
I ricordi sono come le onde, che accarezzano la battigia....cosi i nostri ricordi mi accarezzano il cuore.....mi tornano alla mente altre passeggiate e il modo in cui ti voltavi e mi sorridevi,come se non esistessi che io.
Sei triste,straziato da un dolore che non conosce sollievo...la vita,ancora una volta ha reclamato il suo tributo e ci ha portato via qualcuno che amiamo,lasciandoci soli e disperati.
Sono notti che non dormiamo,i fantasmi del passato ci addolorano con mille rimpianti. Ti sento muoverti insofferente accanto a me e poi alzarti e uscire nella notte. Ti seguo e tu maledici il cielo,la terra,e maledici anche me e il mio amore:il mio solo essere accanto a te ti espone al rischio della sofferenza. Sono parole dure, fredde che mi fanno tremare e feriscono come tu solo sai fare. Resto vicina a te,in silenzio,so che sono il bersaglio piu' facile della tua rabbia,del tuo odio. Il tuo è un dolore antico,che viene da lontano, mescolato ai giochi del passato, a giornate trascorse tra filari di viti.
Passa cosi' un altra notte infinita,senza lacrime,ne' tue ne' mie. Inizia una nuova giornata, io sento dolere l'animo,mi pare che il mio amore non basti a ridarti serenita', ti prendo per mano ed è pace,ma dura un attimo, un solo secondo,di nuovo i tuoi occhi sono persi nel vento.
Continuiamo a camminare sulla spiaggia,il vento soffia un po piu' forte,adesso sembra lamento, un pianto che arriva da lontano.
I miei occhi sono persi nei tuoi,miriadi di pensieri e di nomi senza tempo, mentre nel cielo si disegna lo stormo dei gabbiani e il silenzio ci allontana un po' di piu.

giovedì 29 luglio 2010

CIAO ROCKY

Ciao Rocky
sei stato davvero un bravo cane,il migliore che mi poteva capitare. Adesso non ci sei piu',questo e' il mio saluto,spero che dove andrai ci siano prati belli grandi dove correre spensierato e tanti bocconcini da mangiare.
Vorrei esistesse un paradiso dei cani e vorrei saperti gia' li' sereno e contento,so che poi un giorno ci ritroveremo e sarai di nuovo il mio cane.
Sei stato il mio migliore amico,spesso l'unico che mi amava semplicemente perche' eravamo insieme,senza motivi
o bisogni se non volersi bene.
Mi rimangono tanto ricordi a tenermi compagnia al tuo posto:come ti piaceva correre e saltare, come amavi stenderti al sole a scaldarti, come ti piaceva stare vicino al camino acceso.
Ti parlavo tanto,tutti ridevano di questo,ma noi lo sappiamo che davvero mi ascoltavi.
Quante volte ti abbracciavo e piangevo per i dispiaceri piccoli e per i dolori grandi,quelli che ti schiacciano il petto e ti tengono svegli di notte.
Quante notti passate cosi....quando le lacrime erano finite, ti accovacciavi in fondo al letto,sembrava aspettassi che mi addormentassi prima di farlo anche tu.
Io oggi non vorrei piangere,perche' ho la stupida convinzione che mi puoi ancora vedere e dispiacerti per me.....adesso non posso piu'vedere la tua coda scodinzolare e capire che sei contento e stai bene.....nel dubbio non voglio piangere.
Eri malato da tanto e ho sempre sperato di non doverti veder soffrire,speravo ti addormentassi sereno dopo una carezza e nella notte un sogno ti portasse via.Così non e' stato e spero che non tu abbia sentito troppo dolore.
Mio piccolo amico so che hai perdonato le mie mancanze, noi esseri umani siamo così stupidi rispetto a voi cani....pero' te lo dico lo stesso: perdonami quando ti ho sgridato senza motivo perche' ero nervosa, perdonami per tutte le volte che ti ho dedicato poche attenzioni perche' ero impegnata in cose che mi parevano piu' importanti.
Grazie della tua amicizia e del tuo amore, sono stata fortunata a scoprire quanto bene puo' portare nella vita un piccolo amico e lo auguro a tutti di poter conoscere l'amicizia speciale tra un uomo e un cane.
Ti ho voluto tantissimo bene e mi mancherai, la mia preghiera e' un giorno ritrovarci in cielo e averti vicino per l'eternita'.
CIAO ROCKY

lunedì 26 luglio 2010

senza titolo-per un anniversario

m'hanno accecato
per impedirmi i sogni,
spezzate le ossa al vento delle illusioni,
resto ancora a i margini,
sul ciglio dell'abbandono
a bagnare polvere
d'amarezza,
su spiagge deserte
che tendono le braccia
al cielo nero,
non si turba lui
del mio ingoiare
stupri sconosciuti
e di doglie sterili
a urlare nel nulla.
E' un battesimo ai dannati
passi immobili sugli
inferi di queste strade
dove viene perduta
l'innocenza.
Resto al margine di ogni luccicanza
che inganna il cuore,
dell'insignificanza di ogni
promessa......
la mia una follia:
che un istante possa essere infinito
sotto un cielo di stelle

" si puo' perdonare,ma dimenticare mai"

domenica 18 luglio 2010

IL BAMBINO DEI BRUCHI

Il bambino era vestito di stracci,tutti sudici di terra,talmente laceri da non capire di cosa si trattasse, viveva in un buco scavato nella terra,all'interno di una baracca nel bosco. Non aveva nome,il vecchio che stava con lui lo chiamava Bambino e lui si faceva chiamare Nessuno.
Le sue giornate trascorrevano dentro il buco,circondato da terra, bruchi e ragni,in un'eterna penombra e aria pesante,ma lui non ci faceva caso,anzi amava i bruchi,erano i suoi amici. Usciva solo la notte,quando Nessuno lo chiamava per mangiare con lui.
Il vecchio lo aveva rubato quando era piccolissimo,ma lui non lo sapeva perche' aveva sempre vissuto nella terra e nella penombra,anzi credeva che tutto il mondo fosse quell'umidita' che s'incolla alla pelle,quello sporco che non andava piu' via. Il vecchio era un ladro di cose,emozioni e anche di bambini.
Un giorno aveva visto la gioia e l'aveva rubata,solo perche' gli piaceva,l'aveva portata nella baracca e appesa al soffitto per guardarla quando pareva a lui....dopo un po' il calore e la luce si erano spente,ma il vecchio aveva continuato a tenere appesa il nastro ormai logoro.
Lui rubava tutti i giorni poi tornava nella sua foresta scura e legava con nastri e fili le emozioni, oppure le rinchiudeva nelle scatole dai colori e dalle forme piu' strane; rubava gioielli,specchi, fogli candidi, sete; tutto cio' che lo colpiva e che gli piaceva,senza soffermarsi sul vuoto che lasciava,sul buio che seminava lungo il suo cammino.
Un giorno mentre camminava ai margini del bosco aveva visto il bambino,gli era piaciuto il suo pianto stridulo e il sorriso che aveva rivolto alla donna che l'aveva sollevato dalla culla,aveva sentito il profumo di neonato e senza pensarci troppo aveva seguito da lontano la donna mentre rientrava in casa. Appena era scesa la notte era entrato e aveva portato via il fagottino.
Rientrato nella sua baracca aveva pensato a lungo dove metterlo,non voleva legarlo coi nastri e neanche gli piaceva l'idea di metterlo in una scatola,lo voleva vederlo bene e con comodita'; cos' aveva pensato al buco nella terra. Cosi il bambino era stato sistemato nella terra,tra i bruchi e i ragni,il vecchio lo tirava su quando lo voleva guardare o voleva darli da mangiare; quando era stato piu' grande gli aveva detto che il suo nome era Bambino e lui era Nessuno. Erano passati gli anni, inverni ed estati,temporali e nevicate e il bambino sempre circondato dalla terra umida,dagli amici bruchi con cui giocava; non soffriva il bambino,anzi la terra e la penombra erano il suo cantuccio,il suo rifugio, l'aria greve lo faceva assopire e lo rincuorava,non conosceva nient'altro,quella terra,quei bruchi erano la sua famiglia,il suo caminetto acceso.
Era arrivata la guerra,la terra tremava,ma il piccolo non aveva paura,l'umidita' che lo infradiciava tutto era la stessa di sempre e alla fine si era abituato.
Un giorno Nessuno era uscito la mattina molto presto,ma alla sera non aveva fatto ritorno, il bambino non aveva sentito i suoi passi pesanti farsi vicini al capanno, il malandato uscio richiudersi pesantemente alle spalle del vecchio. A volte capitava che il vecchio stava via per tanto,tanto tempo anche se lui non sapeva cosa significasse il tempo,ma conosceva la fame,quel logorio che gli stringeva la pancia se Nessuno ritardava nel portargli il cibo. Il bambino non si era preoccupato,c'erano i bruchi con lui che si contorcevano nella terra,sparivano e riapparivano e lui li' incantato a guardare quella danza di terra e fogli marce.
Si era addormentato per svegliarsi di soprassalto spaventato: il suo mondo,le sue pareti di terra,la penombra tutto tremava violentemente, i ragni gli cadevano sui capelli e zampettavano impazziti sul suo viso,intorno un frastuono come mai aveva sentito in vita sua.
Era arrivato davanti alla vecchia baracca un carrarmato. Erano scesi alcuni soldati,stupiti che in quella foresta impenetrabile vivesse qualcuno, ma rincuorati dal pensiero di trovare qualcosa da bere e da mangiare.
Il bambino sentiva sopra di lui delle voci,era paralizzato dal terrore, per anni interi aveva udito solo poche parole biascicate da Nessuno e credeva che esistesse solo questo,anzi aveva sempre pensato che esistevano solo lui e Nessuno.
Gli uomini erano entrati circospetti e si guardavano intorno osservando le stranezze della baracca: fiocchi lerci e stoffe lacere appese al soffitto,scatole e scatoline, a migliaia sparse per ogni dove,tonde,quadrate,con strani disegni e colori.
Il bambino non sapeva pregare,non c'era stata una mamma che la sera gli avesse insegnato, ma il terrore che provava faceva battere in maniera forsennata il suo cuoricino, ripeteva tremante le poche parole che conosceva" Nessuno.....Nessuno........terra........acqua.....ragno...."era la sua preghiera, il suo raccomandarsi che il suo piccolo mondo non venisse sconvolto,che nessuno gli facesse del male.
Gli uomini rimasero sbalorditi dalla buca nella terra,dal quel bimbetto lercio e puzzolente rannicchiato dentro,ricoperto di ragni e bruchi.
Il piccolo non sapeva rispondere alle loro domande,forse era ritardato,ripeteva solo" voglio Nessuno,arriva adesso Nessuno" con una vocina talmente flebile che s'udiva a fatica. Il Bambino non capiva niente di cio' che gli capitava,aveva paura di quegli uomini cosi' strani,con un odore addosso che lo faceva starnutire e soprattutto che non avevano addosso neanche un po' della sua terra,dell'umidita' che gli aveva fatto da madre per tutta la sua esistenza.
Gli uomini decisero di portarlo con loro,non potevano lasciarlo li' solo,l'avrebbero lasciato al primo paese che avessero incontrato. Il bambino fu sollevato e intanto tremava e batteva i denti,era confuso,si sentiva perduto,perso senza la sua penombra....fu condotto fuori dal capanno e il piccolo si  senti' girare il capo,salire la nausea,cos'era qualla luce accecante che gli faceva dolere gli occhi, quell'infinito,quell'aria immensa che lo circondava? cos'erano quei rumori spaventosi,quella confusione di vita e di estraneita' che lo assaliva da ogni parte? il piccolo piangeva sconsolato, gia' odiava crudelmente quella palla infuocata che gli bruciava gli occhi e la pelle, quegli odori che gli facevano salire in gola un fiotto di vomito.
Continuava senza sosta a ripetere l'unica preghiera che avesse mai conosciuto, che la madre terra e la sorella penombra gli avessero donato per i momenti di doloroso e straziante addio, mentre salutava i suoi amici bruchi"NESSUNO.......NESSUNO........TERRA....ACQUA......RAGNI"

venerdì 2 luglio 2010

TACI IL SILENZIO

Il silenzio morirà del suo tacere
-vagare indifferenti tra notti tutte uguali-
taci quel buio che porta il mio nome,
scorda lo scavare le parole
a renderle vere,
scorda i miei occhi che
si vestivano di cielo e d'autunno,
di un mare tempestoso.
Il silenzio morirà del suo tacere
un giorno bacia la vita,
taci quel buio che porta il mio nome,
non guardare le mie mani
a graffiare il vuoto e
a serrare petali secchi,
lacrime non né versano piu'
-vagare indifferenti tra notti tutte uguali-
L'urlo della sera
a imbandire nuovi tormenti
e spettri a festeggiare
tutte le mie inquietudini.
Taci quel buio che porta il mio nome
scorda i miei occhi,
varco d'incubi alla luce

Autore: Elisa Cordovani
Poesia inserita il 26/06/2010

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