domenica 18 luglio 2010

IL BAMBINO DEI BRUCHI

Il bambino era vestito di stracci,tutti sudici di terra,talmente laceri da non capire di cosa si trattasse, viveva in un buco scavato nella terra,all'interno di una baracca nel bosco. Non aveva nome,il vecchio che stava con lui lo chiamava Bambino e lui si faceva chiamare Nessuno.
Le sue giornate trascorrevano dentro il buco,circondato da terra, bruchi e ragni,in un'eterna penombra e aria pesante,ma lui non ci faceva caso,anzi amava i bruchi,erano i suoi amici. Usciva solo la notte,quando Nessuno lo chiamava per mangiare con lui.
Il vecchio lo aveva rubato quando era piccolissimo,ma lui non lo sapeva perche' aveva sempre vissuto nella terra e nella penombra,anzi credeva che tutto il mondo fosse quell'umidita' che s'incolla alla pelle,quello sporco che non andava piu' via. Il vecchio era un ladro di cose,emozioni e anche di bambini.
Un giorno aveva visto la gioia e l'aveva rubata,solo perche' gli piaceva,l'aveva portata nella baracca e appesa al soffitto per guardarla quando pareva a lui....dopo un po' il calore e la luce si erano spente,ma il vecchio aveva continuato a tenere appesa il nastro ormai logoro.
Lui rubava tutti i giorni poi tornava nella sua foresta scura e legava con nastri e fili le emozioni, oppure le rinchiudeva nelle scatole dai colori e dalle forme piu' strane; rubava gioielli,specchi, fogli candidi, sete; tutto cio' che lo colpiva e che gli piaceva,senza soffermarsi sul vuoto che lasciava,sul buio che seminava lungo il suo cammino.
Un giorno mentre camminava ai margini del bosco aveva visto il bambino,gli era piaciuto il suo pianto stridulo e il sorriso che aveva rivolto alla donna che l'aveva sollevato dalla culla,aveva sentito il profumo di neonato e senza pensarci troppo aveva seguito da lontano la donna mentre rientrava in casa. Appena era scesa la notte era entrato e aveva portato via il fagottino.
Rientrato nella sua baracca aveva pensato a lungo dove metterlo,non voleva legarlo coi nastri e neanche gli piaceva l'idea di metterlo in una scatola,lo voleva vederlo bene e con comodita'; cos' aveva pensato al buco nella terra. Cosi il bambino era stato sistemato nella terra,tra i bruchi e i ragni,il vecchio lo tirava su quando lo voleva guardare o voleva darli da mangiare; quando era stato piu' grande gli aveva detto che il suo nome era Bambino e lui era Nessuno. Erano passati gli anni, inverni ed estati,temporali e nevicate e il bambino sempre circondato dalla terra umida,dagli amici bruchi con cui giocava; non soffriva il bambino,anzi la terra e la penombra erano il suo cantuccio,il suo rifugio, l'aria greve lo faceva assopire e lo rincuorava,non conosceva nient'altro,quella terra,quei bruchi erano la sua famiglia,il suo caminetto acceso.
Era arrivata la guerra,la terra tremava,ma il piccolo non aveva paura,l'umidita' che lo infradiciava tutto era la stessa di sempre e alla fine si era abituato.
Un giorno Nessuno era uscito la mattina molto presto,ma alla sera non aveva fatto ritorno, il bambino non aveva sentito i suoi passi pesanti farsi vicini al capanno, il malandato uscio richiudersi pesantemente alle spalle del vecchio. A volte capitava che il vecchio stava via per tanto,tanto tempo anche se lui non sapeva cosa significasse il tempo,ma conosceva la fame,quel logorio che gli stringeva la pancia se Nessuno ritardava nel portargli il cibo. Il bambino non si era preoccupato,c'erano i bruchi con lui che si contorcevano nella terra,sparivano e riapparivano e lui li' incantato a guardare quella danza di terra e fogli marce.
Si era addormentato per svegliarsi di soprassalto spaventato: il suo mondo,le sue pareti di terra,la penombra tutto tremava violentemente, i ragni gli cadevano sui capelli e zampettavano impazziti sul suo viso,intorno un frastuono come mai aveva sentito in vita sua.
Era arrivato davanti alla vecchia baracca un carrarmato. Erano scesi alcuni soldati,stupiti che in quella foresta impenetrabile vivesse qualcuno, ma rincuorati dal pensiero di trovare qualcosa da bere e da mangiare.
Il bambino sentiva sopra di lui delle voci,era paralizzato dal terrore, per anni interi aveva udito solo poche parole biascicate da Nessuno e credeva che esistesse solo questo,anzi aveva sempre pensato che esistevano solo lui e Nessuno.
Gli uomini erano entrati circospetti e si guardavano intorno osservando le stranezze della baracca: fiocchi lerci e stoffe lacere appese al soffitto,scatole e scatoline, a migliaia sparse per ogni dove,tonde,quadrate,con strani disegni e colori.
Il bambino non sapeva pregare,non c'era stata una mamma che la sera gli avesse insegnato, ma il terrore che provava faceva battere in maniera forsennata il suo cuoricino, ripeteva tremante le poche parole che conosceva" Nessuno.....Nessuno........terra........acqua.....ragno...."era la sua preghiera, il suo raccomandarsi che il suo piccolo mondo non venisse sconvolto,che nessuno gli facesse del male.
Gli uomini rimasero sbalorditi dalla buca nella terra,dal quel bimbetto lercio e puzzolente rannicchiato dentro,ricoperto di ragni e bruchi.
Il piccolo non sapeva rispondere alle loro domande,forse era ritardato,ripeteva solo" voglio Nessuno,arriva adesso Nessuno" con una vocina talmente flebile che s'udiva a fatica. Il Bambino non capiva niente di cio' che gli capitava,aveva paura di quegli uomini cosi' strani,con un odore addosso che lo faceva starnutire e soprattutto che non avevano addosso neanche un po' della sua terra,dell'umidita' che gli aveva fatto da madre per tutta la sua esistenza.
Gli uomini decisero di portarlo con loro,non potevano lasciarlo li' solo,l'avrebbero lasciato al primo paese che avessero incontrato. Il bambino fu sollevato e intanto tremava e batteva i denti,era confuso,si sentiva perduto,perso senza la sua penombra....fu condotto fuori dal capanno e il piccolo si  senti' girare il capo,salire la nausea,cos'era qualla luce accecante che gli faceva dolere gli occhi, quell'infinito,quell'aria immensa che lo circondava? cos'erano quei rumori spaventosi,quella confusione di vita e di estraneita' che lo assaliva da ogni parte? il piccolo piangeva sconsolato, gia' odiava crudelmente quella palla infuocata che gli bruciava gli occhi e la pelle, quegli odori che gli facevano salire in gola un fiotto di vomito.
Continuava senza sosta a ripetere l'unica preghiera che avesse mai conosciuto, che la madre terra e la sorella penombra gli avessero donato per i momenti di doloroso e straziante addio, mentre salutava i suoi amici bruchi"NESSUNO.......NESSUNO........TERRA....ACQUA......RAGNI"

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